Tutto è nato dalla lettura di un libro che mi ha profondamente appassionato “L’Arte contemporanea in 10 artisti” di Giuseppe Nifosì. Premetto che sono purtroppo piuttosto ignorante di arte, ma mi piace, mi incuriosisce e vorrei sempre saperne di più, forse perché ho avuto la fortuna di avere alle medie un’insegnante che me ne ha fatto appassionare. Poi purtroppo, presa da altre cose, non ho mai avuto l’occasione di approfondirla come avrei voluto. Sicuramente non l’arte contemporanea che forse “ai miei tempi” non si studiava ancora tanto a scuola. E poi, come scrive Nifosì nella sua introduzione, “il retaggio culturale di secoli e secoli di arte figurativa, di stampo sostanzialmente classicistico, porta ancora a diffidare di quadri, sculture, installazioni, performance diverse da ciò che normalmente viene identificato con arte e che producono un senso di estraneità e talvolta di sospetto, spingendo a diffidare del valore reale delle opere e delle capacità effettive di chi le ha prodotte” (…) “Il pubblico insomma, dovrebbe possedere gli strumenti idonei per comprendere l’arte contemporanea”. Ecco, il suo libro mi ha fatto capire un po’ di più l’arte contemporanea, senza ricadere nell’errore di dire “sono scarabocchi, sono tele tagliate, sono solo tele colorate”. L’arte contemporanea è un mondo da scoprire che spesso rappresenta la perfetta espressione dell’esistenza umana.
E così ho chiesto alla mia amica Liliana, eccellente guida turistica, dove andare (non troppo lontano) per vedere i quadri di Mark Rothko, e non solo. Sono quindi partita per Basilea per visitare La Fondazione Beyeler che mi è piaciuta moltissimo e che qui vi racconto.
La Fondazione Beyeler si trova in Baselstrasse 101 a Riehen (città natale di Ernst Beyeler) raggiungibile dalla stazione ferroviaria di Basilea in circa 30 minuti col tram n.6 (uno ogni 10 minuti circa).
La Fondazione Beyeler è stata realizzata per ospitare dipinti e sculture di autori come Klee, Matisse, Chagall, Mondrian, Rothko, Klee, Degas… oltre a mostre temporanee che variano di volta in volta e il cui calendario potete trovare qui. Quando sono andata io ad esempio c’era la mostra di Duane Hanson, figura centrale, negli anni settanta, della corrente iperrealista con le sue sculture in poliestere dipinto, rifinite con abiti e accessori che, vi assicuro, sembrano reali (vi dico solo che quando ho mandato a mia mamma la foto con la mamma con il bambino in passeggino lei mi ha scritto: “non pubblicarla per la privacy!”…tanto la scultura sembrava reale! 😉. Sono ritratti di uomini, donne, massaie, operai, anziani, poliziotti espressione della solitudine, della rassegnazione , della standardizzazione sociale. Vi lascio qualche mia foto per farvi un’idea.
Qui trovate quali sono le opere presenti nella collezione permanente della Fondazione.
Negli ultimi 25 anni, la Fondazione Beyeler è diventata il museo d’arte più popolare della Svizzera. A soli due anni dalla sua inaugurazione nel 1997, l’edificio museale progettato da Renzo Piano è stato ampliato in modo da poter presentare regolarmente mostre temporanee oltre alla rinomata collezione permanente.
Questo museo non è solo un luogo per esporre quadri e sculture ma è un luogo per le persone, per immergersi nell’arte e nella natura circostante. Ho trovato ad esempio bellissima la zona con sedie e divani che si affacciano sulla campagna circostante separati da essa semplicemente da un’enorme vetrata dove sedersi per leggere, approfondire quello che si sta ammirando, riposarsi, scrivere e pensare. L’edificio è infatti collocato all’interno di un parco con alberi secolari, un laghetto con ninfee, campi con mucche al pascolo alle pendici della foresta nera.
A fianco al museo c’è la villa tardobarocca di Berower dove ha sede l’amministrazione del museo ma anche (e soprattutto) un bar – ristorante dove fermarsi a fare una merenda dopo la visita (io mi son presa una fetta di torta, un tè ed ho scritto sul mio taccuino le riflessioni della mia visita).
Ma veniamo all’autore che mi ha fatto venire fin qui e di cui non mi son assolutamente pentita, penso anzi di tornare.
Mark Rothko è un pittore statunitense di origine lettone del XX secolo. Come vi dicevo sono venuta a Basilea per vedere i suoi qudri. Apparentente “rettangoli di colore sovrapposti”. “Il fatto che un gran numero di persone rimanga profondamente turbato e pianga quando si trova davanti ai miei dipinti – scrive Rothko – dimostra che riesco ad entrare in contatto con quelle fondamentali emozioni umane”.
E così è stato.
Ho trovato questo quadro (costituito da due rettangoli sovrapposti di diverse dimensioni, uno grigio e uno blu) che alcuni possono percepire come claustrofobico (o considerarlo privo di senso), unico e irresistibile, quasi ipnotico.
Il rettangolo blu contemporaneamente attrae e respinge, emoziona e fa paura. La sensazione che ho provato è la medesima che provo quando nuoto al largo e guardo il fondo del mare. Ho la sensazione che le profondità marine mi “attraggano risucchiandomi e contemporaneamente mi abbraccino avvolgendomi”.
Rothko è, per me, contemporaneamente violenza e serenità, paura e gioia, è insomma la perfetta espressione dell’esistenza umana.
Dimenticavo, Basilea potrebbe essere una tappa per andare a Aquisgrana in treno alla scoperta di Carlo Magno, se vi va trovate tutto qui!
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