Questo è un viaggio che abbiamo fatto ancora senza Gabriele o meglio…con Gabriele in arrivo! E’ un viaggio semplice, fattibile con bambini piccoli che può durare una settimana o più semplicemente un we lungo!

 

Sabato

Per questi 6 giorni di vacanza decidiamo di andare a visitare la Repubblica Ceca, ed in particolare Praga…non si può andare sempre in vacanza in posti che richiedono almeno dodici ore di volo per arrivarci! Questa volta decidiamo di andare a Malpensa in macchina (e non con la solita trafila “bus-treno-bus”!!) in parte per il fatto che nell’ultimo viaggio, al ritorno dalla Nuova Zelanda, a causa del ritardo del treno e del traffico in strada abbiamo quasi impiegato più tempo a percorrere la tratta Milano-Genova che volare da Bangkok a Milano ed in parte perchè, al ritorno da Praga, vorremmo andare diretti a sciare qualche giorno ad Artesina! Ad eccezione dei “lavori in corso”, sparsi ovunque che ci fanno cambiare più volte strada (quando già ci troviamo nei pressi di Malpensa!!), il viaggio fila liscio: lasciamo la macchina in un parcheggio in zona aeroporto e arriviamo a Malpensa con il pulmino, chek-in, giornali e via….partiti! Arriviamo a Praga con un leggero ritardo, ma il volo della Easy Jet è stato perfetto. Optiamo per prendere un pulmino della Cedez che, con 15 euro circa ci porta davanti all’albergo che avevamo prenotato qualche giorno prima con internet. All’hotel Anna (che avevamo prenotato) ci dicono che stanno facendo dei lavori e che le camere sono pertanto un po’ rumorose, per questo motivo ci hanno già prenotato una camera in un vicino albergo di uguale categoria. Ci spostiamo al Claris Hotel, albergo carino, pulito e con spaziosa. Posiamo i bagagli e ci mettiamo in marcia. Scendiamo fino a Piazza Venceslao, inizia a far buio e la piazza si illumina delle luci dei negozi alla moda che la circondano mentre lungo il marciapiede pullulano chioschi che vendono hot-dog, salsiccie e wurstel, piccolissime edicole e panchine, dove spesso sostano gruppi di ubriachi. La Piazza Venceslao è dopo il Ponte Carlo il monumento che rimane più impresso ai turisti parlando di Praga; fondata da Carlo IV era in passato il “mercato del cavallo” e già dal 1348 e’ il vero centro commerciale della Cittá Nuova. Nella parte superiore della Piazza, si può vedere la statua di San Venceslao (Santo protettore della Rep Ceca) sul cavallo con gli altri santi: Santa Ludmila, Santa Anezka, San Vojtech e San Prokop. La statua è stata fatta da J. V. Myslbek nel diciannovesimo secolo. La Piazza di San Venceslao (Vaclavske namesti) è anche conosciuta per essere il luogo dove il 19 gennaio 1969 si è dato fuoco Jan Palach, studente universitario di filosofia, in segno di protesta contro l’oppressione socioculturale perpetrata dall’Unione Sovietica. Questa piazza si può definire anomala, in effetti si tratta di un largo viale di 750m di lunghezza ed un’area totale di 45.000 mq, luogo abitudinario di manifestazioni pubbliche, nonché di dimostrazioni di popolo. E’ infatti il luogo dove il 28 ottobre 1918 venne dichiarata l’indipendenza della Cecoslovacchia. Per la sua conformazione è normalmente chiamata dagli abitanti della città Piccoli Champs-Élysées vista la sua somiglianza con la celebre strada di Parigi. Probabilmente è proprio questa notorietà che l’ha fatta scegliere da Palach per il suo suicidio. Proseguiamo fino alla Piazza Vecchia, sbucando proprio sotto l’orologio astronomico, sono le 18 ed assistiamo a testa in su allo spettacolo delle figure in movimento. Le 4 figure ai lati rappresentano le maggiori preoccupazioni che angustiavano il cittadino praghese del XV secolo: vanità, avidità, morte e invasione dei pagani. Le 4 figure sottostanti sono quelle di un cronista, un angelo, un astronomo e un filosofo. Allo scoccare dell’ora la morte suona una campana e capovolge la sua clessidra, mentre il corteo degli apostoli passa attraverso 2 finestre chinando il capo verso la folla. Al termine del corteo un gallo canta e l’ora è suonata. Il braccio solare indica l’ora sull’anello coi numeri romani; il XII in alto indica il mezzogiorno, quello in basso la mezzanotte. L’anello esterno, coi numeri gotici, conta le 24 ore secondo la tradizione boema, a partire dal tramonto. La ruota del calendario, che circonda tutta questa stregoneria astronomica, rappresenta i mesi con 12 scene di vita rurale boema legata al ciclo delle stagioni. La Piazza della Città Vecchia (Staromestské námestí) è la più importante piazza storica di Praga. Sorse nel XII secolo e da quel periodo è stata testimone di molti fatti storici. Oltre al Municipio della Città Vecchia e alla cattedrale della Vergine Maria davanti a Týn , si trovano l’imponente chiesa barocca di San Nicola (K. I. Dienzenhofer, 1732 – 1737), il palazzo Kinský (in stile rococò), la Casa alla Campana di Pietra – un palazzo cittadino in stile gotico risalente al XIV secolo ed il monumento del Maestro Jan Hus, ad opera di Ladislav Saloun (1915). Sulla pavimentazione della piazza sono indicati il luogo della decapitazione di 27 signori boemi (21 06 1621) e il meridiano praghese.

Proseguiamo verso la Moldava, quasi inciampiamo in un uomo (ne vedremo tanti, nella stessa posizione, nei giorni seguenti) che chiede le elemosina: è inginocchiato e il suo corpo è completamente proteso in avanti, aderente alla strada. Fa molto freddo e decidiamo di tornare indietro senza aver raggiunto la Moldava e tanto meno il Ponte Carlo! Sulla strada del ritorno siamo costretti ad entrare saltuariamente nei negozi che circondano Piazza Venceslao, giusto per scaldarci un po’. Diamo un’occhiata a 2 o 3 ristoranti in “zona albergo” indicati dalla LP ma non ci convincono ed andiamo oltre. Proviamo da “Ambiente”, ristorante che mi avevano consigliato i miei genitori, ma è pieno…bisogna prenotare! Dopo aver girovagato per un po’…con un freddo!! arriviamo al ristorante “Chudoba” dove mangiamo molto bene, unico “neo”: qui si fuma ancora nei locali pubblici, cosa che per noi, accaniti “non fumatori” è terribile! Io mangio un fantastico spiedino “appeso” ad un sostegno di acciaio circondato da varie salsine e patate, mentre Fabri si butta su una classica bistecca di maiale con contorno. Dopo cena: di corsa in albergo…sono distrutta e mi sento un febbrone!

Domenica

Vista la nottata “febbricitante”: una breve colazione, aspirina e …ancora 2 ore di sonno! Usciamo tardi, verso le 11, ci incamminiamo anche oggi verso la solita Piazza Venceslao, la percorriamo interamente e ci infiliamo in uno dei vicoli che porta proprio davanti all’orologio astronomico. Scatto le mie prime foto all’orologio e poi alla Piazza. Ci piace molto la cattedrale della Vergine Maria davanti a Týn, all’interno della quale però non è possibile accedere. Entriamo invece nella chiesa ussita si S.Nicola …dentro fa un freddo! Sul lato settentrionale della piazza si trova La Chiesa di San Nicola (sv. Mikulás) fu costruita nel suo aspetto attuale nel 1732 su progetto di K. I. Dientzenhofer ma fin dal secolo XII sorgeva in questo luogo un tempio che svolse il ruolo di chiesa parrocchiale della città vecchia fino al XIV sec, allorchè fu portata a termine la chiesa di Tyn. La chiesa nel tempo divenne un monastero benedettino per poi essere spogliato e abbandonato nel 1781, finchè, durante la prima guerra mondiale, fu usata da una guarnigione di stanza a Praga e il colonnello che la comandava approfittò dell’occasione per restaurarla conservando in parte gli originari addobbi interni. Dalla fine della guerra S.Nicola è il tempio della chiesa Hussita cecoslovacca. Già un secolo prima che le tesi di Martin Lutero sconvolgessero l’Europa, i Cechi erano in fermento per questioni religiose. In tutto il continente si respirava un clima di diffusa incertezza dovuta al movimento conciliarista, dal quale emergeva una Chiesa difficilmente controllabile non solo dall’autorità religiosa ma anche dal potere civile. Jan Hus (1372 – 1415) si

mise alla guida di un movimento popolare di riforma. Dal punto di vista della dottrina, l’ussitismo contestava con vigore la mondanizzazione della Chiesa e le prerogative dell’alto clero della Boemia, composto per la maggior parte da prelati tedeschi, contraddistinguendolo con una

netta impronta nazionalista, antitedesca e antiromana, ed ebbe gran seguito non solo tra i contadini e gli artigiani, ma anche nella borghesia e nell’aristocrazia.

Processato per eresia a Costanza, dove peraltro si era recato con un salvacondotto che avrebbe dovuto garantirgli l’incolumità, Hus fu condotto al rogo nel 1415. Il suo martirio scatenò in Boemia una rivolta, capeggiata dal predicatore Jan Zelivsky. Il 30 luglio 1419, dal pulpito di Santa Maria delle Nevi a Praga, Zelivsky pronunciò un infuocato sermone, quindi guidò l’assemblea dei fedeli alla nuova sede del municipio per fronteggiare i concittadini cattolici. Guidata dal militante ussita Jan ˘Zi˘zka, la folla dilagò su per gli scaloni del municipio defenestrando i consiglieri e malmenando tutti gli altri funzionari presenti. Dopo quattro mesi di scontri e disordini, gli Ussiti conquistarono Praga e l’imperatore Sigismondo si ritirò in Moravia. Sigismondo, appoggiato dal Papa, sferrò una serie di attacchi per riconquistare Praga, ma l’offensiva dei cattolici del 1420 fu sconfitta dall’esercito dello spietato comandante ˘Zi˘zka. Più tardi la fazione moderata degli Ussiti, quella degli Utraquisti, composta soprattutto da borghesi e nobili, accettò il ritorno di Sigismondo e stabilì con lui un patto di alleanza contro i Taboriti, gli Ussiti radicali, nelle cui file prevalevano i contadini, i piccoli ceti urbani e il basso clero. Nella battaglia di Lipany, vicino a Kolín, le forze taborite vennero disperse, e la scissione in seno alla nazionalità boema ne indebolì la capacità di resistenza contro le penetrazioni straniere. Salì al trono Giorgio di Pod˘ebrady, che regnò dal 1458 al 1471, come unico sovrano ussita di Boemia e di Moravia. Nonostante qualche idea radicale, come la costituzione di un consiglio europeo che risolvesse le dispute internazionali per via diplomatica anziché militare, il re ussita non riuscì a convincere pienamente il resto d’Europa. Dopo la morte di Giorgio di Pod˘ebrady si avvicendarono al trono due re polacchi, ma il potere continuò a restare nelle mani dei nobili protestanti utraquisti, uniti nei cosiddetti “Stati Boemi”.

Pranziamo nella Piazza. A questo punto nulla ci può fermare..finalmente arriviamo al Ponte Carlo! Il Ponte Carlo (in ceco Karlův Most) è uno storico ponte in pietra sulla Moldava che collega la Citta Vecchia al quartiere di Mala Strana e misura 515 metri di lunghezza e 10 metri di larghezza. La sua costruzione, iniziata nel 1357, fu commissionata da Carlo IV, allora Re di Boemia e Imperatore, all’architetto Petr Parler, famoso anche per aver costruito la Cattedrale di san vito ed il Castello di Praga. Secondo una leggenda, si dice che all’atto di costruire il ponte, all’impasto della malta vennero aggiunti dei tuorli d’uovo, al fine di renderne più solida la struttura: Carlo IV chiese a tutti i villaggi del regno di contribuire alla costruzione, inviando un carro d’uova. Le due estremità del ponte furono fortificate attraverso la costruzione di due torri, la Staromestska Vez sul lato della Città Vecchia e la Malostranska Vez sul lato del quartiere Malá Strana; successivamente, a partire dal XVII secolo, per volere dei gesuiti, ai suoi lati vennero sistemate delle statue barocche di santi, 30 in tutto (quelle che si possono ammirare attualmente sono però delle copie delle statue originali). Fra queste, la statua di San Giovanni Nepomuceno, opera di Matthias Rauchmüller del 1683, fu la prima ad essere posta sul ponte. È credenza diffusa che la statua porti fortuna: si suppone che toccando la lapide alla base della statua, che ricorda il punto esatto dell’esecuzione del santo, si riceve fortuna per i successivi 10 anni e viene assicurato il proprio ritorno a Praga

Il ponte è molto bello e….strapieno di turisti e bancarelle che, nonostante la fredda stagione, ricoprono entrambe i lati del ponte vendendo foto, ritratti, collanine e ciondoli di vario genere. Percorriamo il ponte con le sue caratteristiche statue scattando varie foto ed arriviamo a Mala Strana, ossia al quartiere “sotto il castello”. Percorriamo la strada che prosegue il ponte ed entriamo nei numerosi negozietti di souvenir …sempre per scaldarci… anche perché oggi, oltre a far freddo c’è anche vento e sul ponte si ghiaccia! Torniamo indietro, ripercorrendo lo stesso percorso dell’andata, è buio. Ci fermiamo a guardare alcuni negozi (New Yorker, all’angolo di Piazza Venceslao, è quello che mi ha consigliato la Bi…ottimo consiglio, la visita terminerà con un ricco bottino: 3 paia di ballerine, borsa giallo senape, sciarpa in abbinata e panta collant “stile marinaro”, con il nodo al polpaccio!). Arriviamo in albergo ancora un po’ acciaccati, doccia e cena al nostro solito ristorante, dove mangio una fantastica insalatona di pollo e Fabri addenta ottimi spiedini di pollo/prosciutto, patate e insalata. Poi:a nanna!

Lunedì

Oggi stiamo molto meglio ed alle 9, dopo un’abbondante colazione, siamo già in marcia. Facciamo il solito percorso che ci porta al Ponte Carlo, lo attraversiamo, ed arriviamo nel quartiere di Mala Strana, le cui case dai muri in tinta pastello ci accolgono oltre l’arco della torre del ponte. Risaliamo la via e ci fermiamo in un bar per un caffè ed un pezzo di torta. Oggi fa meno freddo… o noi ci siamo abituati?!?..o entrambe le cose?! Visitiamo la chiesa di S.Nicola la cui cupola verde è uno dei simboli più noti di Praga. Proseguiamo risalendo Nerudova: negozi di giocattoli e burattini, spesso grotteschi, portoni sormontati da insegne sempre diverse (3 violini, 2 soli, la lupa,..) e la casa di Jan Neruda, scrittore ceco. I numeri civici sono stati introdotti solo alla fine del XVIII secolo, prima di tale data si contrassegnava ogni casa con un nome, riferito soprattutto all’ambiente circostante o all’occupazione del proprietario, ed appariva illustrato all’esterno della casa stessa.
Le “insegne” delle case praghesi sono di pietra, metallo o legno, talvolta anche di stucco, dipinte sull’intonaco o sulla lamiera e a volte dotate di iscrizioni. Si trovano soprattutto nei vicoli di Staré Mesto e nella Celetna, nella Staromestské Namesti o nella Karlova nonché a Mala Strana dove la pittoresca Nerudova sale verso il Castello. Subito dopo la casa di Neruda svoltiamo a destra per una salita che ci porta alla Piazza del Castello vegliata notte e giorno da guardie sovrastate dalle enormi statue barocche dei Titani in lotta ….un minuscolo bimbo cinese è costretto dai parenti a stare fermo davanti a loro per scattare alcune foto ricordo. Oltrepassiamo le mura del castello e facciomo il biglietto. La storia di Praga è strettamente legata alla storia del suo Castello, fondato dopo l’anno 880 dal principe Borivoj. Il complesso sorge in posizione dominante rispetto alla città e racchiude tra le sue mura un palazzo, tre chiese e un monastero, tutto ciò ne fece presto il centro del regno dei Premyslidi. Venne ricostruito in stile rinascimentale dopo l’incendio del 1541 e visse la sua epoca di maggiore fioritura durante il regno di Carlo IV. Ma è durante il regno di Rodolfo II che il complesso divenne un importante centro culturale e artistico.
Il re si interessava più all’arte, all’astrologia e all’alchimia che al governo delle sue terre e raccolse importanti collezioni d’arte e di curiosità varie, dislocandole nella Sala spagnola e nella Galleria di Rodolfo, del resto già progettata a questo proposito. Dopo la disfatta dell’insurrezione boema (1620) gli Asburgo lasciarono il Castello e si trasferirono a Vienna, trascorrendo a Praga solo brevi periodi. Dal 1918 è divenuto sede del Presidente della nuova Repubblica cecoslovacca (oggi della Repubblica Ceca) e da allora sono state condotte in modo sistematico ricerche archeologiche oltre a lavori di riadattamento. Iniziamo dalla visita della cattedrale di San Vito che è la maggiore chiesa di Praga, lunga 124 m e con un’ampiezza massima di 60. L’altezza delle volte è di 33 m, le torri della facciata raggiungono gli 82 m, mentre quella principale è alta quasi 100. La sua costruzione ebbe inizio nel 1344 per ordine di Carlo IV che chiamò un architetto da Avignone, ed in effetti l’edificio, con la corona di cappelle intorno al coro e il complesso sistema di contrafforti e di muri portanti, ricorda le cattedrali francesi. Il movimento ussita interruppe i lavori per vari anni e solo alla metà del XVI secolo fu installata la punta rinascimentale sulla torre principale, mentre cento anni più tardi venne costruito il nuovo tetto barocco a cipolla. La struttura attuale della cattedrale e in particolare la parte ovest, neogotica, è stata completata tra il 1873 e il 1929 da artisti contemporanei. Famose e molto belle sono le colorate vetrate di Alfons Mucha, artista del XX secolo, una delle quali rappresenta i santi Cirillo e Metodio. La cattedrale di S. Vito è infatti un interessantissimo miscuglio di stili che testimoniano come per questi 700 anni, artisti ed architetti abbiano lavorato su di essa donandole ciascuno lo spirito del proprio tempo.
Visitarla significa ripercorrere un viaggio nel tempo, nell’arte e nella storia della città d’oro e significativo è il fatto che tutti i personaggi che hanno fatto la storia del paese sono sepolti tutti qui. Dalla tomba di S. Giovanni Nepomuceno, realizzata in argento nel 1736, alla cappella di S. Venceslao, il giovane principe ucciso dal fratello nel 935, decorata da affreschi gotici, fino a Carlo IV e le sue quattro mogli (le cui spoglie riposano nella magnifica cripta) e Ferdinando I, morto nel 1564 e sepolto con la consorte e il figlio Massimiliano II nel mausoleo reale.
La gotica Cappella di San Venceslao (la prima cappella dopo il transetto), è la più importante della cattedrale. Fu costruita nel 1362-67 al posto della tomba di San Venceslao e divenne il centro per il culto del santo, osservato anche da Carlo IV, e quindi meta di tutti i visitatori della cattedrale.
Le pareti sono decorate da affreschi gotici con scene bibiliche e della vita del santo. La fascia inferiore delle pareti, sotto la cornice, è tempestata da più di 1300 pietre dure di provenienza locale (ametista, diaspro, calcedonio, corniola) incastonate nell’intonaco dorato, che riempiono gli spazi vuoti tra le pitture del ciclo della Passione di Cristo, opera di un maestro boemo del 1372-73.

Dopo la cattedrale visitiamo il Vecchio Palazzo Reale, all’interno del quale si trova la Sala Vladislao nota per lo splendido soffitto tardogotico a volte. Il pavimento è in legno, completamente spoglia mantiene il suo fascino medievale, rievocando scene di sontuosi banchetti consumati dall’aristocrazia dell’epoca. La sala era effettivamente usata per occasioni conviviali ma anche per riunioni politiche e, quando imperversava il mal tempo, anche per tornei cavallereschi al coperto, questo spiega la presenza della “scala dei cavalieri” che dà accesso alla sala dal lato nord e dalla quale usciamo. Ci ritroviamo così in Piazza S. Giorgio, sul retro della Cattedrale, sulla quale si affaccia la Basilica di S. Giorgio, una chiesa in mattoni rossi fondata nel X secolo; si tratta dell’edificio romanico meglio conservato della Repubblica Ceca.

Visita palazzo e chiesa rossa.

La magica Praga è percorsa, all’interno del Castello da uno stretto e corto vicolo con piccole e pittoresche case che è diventato una delle maggiori attrattive della città: il vicolo d’oro. Su uno dei lati si affacciano delle casette dai vivaci colori, fatte costruire da Rodolfo II verso la fine del 1500 per le 24 guardie del Castello. Un secolo più tardi quasi tutte le piccole casette colorate erano abitate da un nutrito numero di orafi che le trasformarono in piccole case-bottega. Secondo la leggenda, invece, queste piccole e anguste case, in alcune di queste non si può stare nemmeno in piedi tanto sono basse, sono state abitate dagli alchimisti impegnati nella ricerca della pietra filosofale per conto di Rodolfo II e da ciò deriva il nome dato al vicolo. In realtà gli alchimisti, realmente impegnati nella ricerca della pietra che trasforma i metalli in oro, vivevano poco più in la, nella Vikarska, una piccola strada che corre tra la cattedrale di S. Vito e la Torre delle Polveri. Al numero 22 il vicolo ospita un importante pezzo della storia di Praga: la casa in cui visse per un breve periodo Franz Kafka che proprio al Castello di Praga ha dedicato uno dei suoi più famosi romanzi. Scatto qualche foto nel vicolo, facciamo una breve passeggiata ed eccoci in fondo al vicolo dove si trova una torre con alcuni “strumenti di tortura medievale”. Finito il tour del castello ci dirigiamo in salita verso il Monastero di Strahov. Quando fu fondato nel 1140 dai monaci premonstratensi, il monastero rivaleggiava, per dimensioni con la sede dei re cechi. Questo ordine monastico poco conosciuto sorse proprio agli inizi del XII secolo per contrastare la Chiesa, accusata di essersi troppo allontanata dallo spirito evangelico, e riformarla dal suo interno. La costruzione, detta anche montagna di Sion per la sua posizione collinare che ricorda Gerusalemme, inizialmente era abitata da pochi monaci che provenivano dai dintorni e che vivevano in piena autonomia dalla città, grazie ai ricchi orti situati all’interno del monastero, ad alle ingegnose condotte dell’acqua che portavano il prezioso bene dalle sorgenti di Petrin direttamente al monastero. Il complesso architettonico, come tutta la città la Praga, ha subito varie volte rimaneggiamenti: una prima volta nel 1258 in seguito ad un incendio, ed in seguito il monastero venne barrocchizzato perdendo parte del suo splendore gotico. La famosa biblioteca, con la sala della filosofia e quella della teologia, ha più di 800 anni e benchè sia stata saccheggiata e distrutta dai molteplici invasori e di volta in volta restaurata nel corso dei secoli. è una delle più belle e più ricche della Boemia: custodisce oltre 150.000 volumi. La sala della filosofia fu costruita nel 1782 per accogliere gli scaffali barocchi e i libri provenienti dal monastero di Louka in Moravia. Si caratterizza per gli affreschi del soffitto che illustrano l’allegoria della conoscenza della storia e ospita più di 50.000 volumi dedicati alla filosofia e alla storia, oltre che una copia dell’Enciclopedia di Diderot. La sala della teologia, custodisce 16.000 volumi tra cui molte bibbie,  42 scritti dei padri della chiesa ed importanti lavori dei protagonisti della controriforma. Tra le perle qui custodite vi è la Bibbia di Kralice, realizzata fra il 1579 ed il 1593, e l’evangelario di Strahov che risale al IX secolo. Gli stucchi e i dipinti alle pareti si ispirano all’amore per la sapienza. La biblioteca è veramente molto affasciannate, l’odore di libri, l’ordine con cui sono disposti sugli scaffali e il silenzio che li circonda creano un’atmosfera unica, peccato non poter accedere all’interno della sala, è infatti obbligatorio fermarsi ad ammirare i libri dall’ingresso delle due sale.

Martedì

Anche oggi colazione abbondante, solita Piazza Venceslao ma questa volta deviamo a destra per la torre delle polveri, la Casa Civica, Celetna ed infina la visita del Museo Ebraico. Popolato, sin dai tempi antichi, il quartiere ebraico di Praga, Josefov, si erge sulla parte più settentrionale della città, di fronte al Castello, sull’altra sponda della Moldava. Per secoli gli ebrei di Praga vissero in difficili condizioni e dovettero sottostare a leggi discriminatorie. I cristiani li accusavano di appiccare incendi o di avvelenare pozzi e solo la salita al trono di Giuseppe II nel 1784, portò a delle condizioni sociali e giuridiche accettabili, in suo onore il quartiere si chiamò Josefov. Il quartiere divenne ufficialmente parte della città nel 1850 e nel 1890 venne quasi totalmente distrutto dalle opere di bonifica per risanare la precaria situazione igienica che costituiva un rischio per tutta la città. Già alla fine del XII secolo gli insediamenti ebraici costituivano un’isola collegata alla zona della piazza della Città vecchia. Nella propria “città” gli ebrei avevano istituito un governo autonomo e costruito scuole e sinagoghe. Il vecchio ghetto ora non esiste più, ma l’atmosfera magica del luogo permane nelle zone attorno alle sinagoghe e al vecchio cimitero: migliaia di lapidi ammassate l’una sull’altra in un’atmosfera spettrale e surreale. Fondato nel 1478, il cimitero ebraico di Praga è stato per oltre 300 anni l’unico luogo dove gli ebrei di Praga potevano seppellire i loro morti. Le dimensioni attuali sono all’incirca quelle medievali e nel tempo si è sopperito alla mancanza di spazio sovrapponendo le tombe. La densità di lapidi, tardogotiche, rinascimentali, barocche, l’una quasi contro l’altra, il silenzio del luogo e la scarsa illuminazione (le lapidi sono quasi tutte all’ombra) creano un’effetto unico con un’aura spettrale. Oggi si contano circa 12.000 lapidi, ma si ritiene che vi siano sepolti oltre 100.000 ebrei, l’ultima è quella di Moses Beck del 1787 mentre la più antica è quella di Avigdor Kara del 1439. Tra i luoghi più importanti del cimitero: il sarcofago di Jehuda Liwa Ben Becalel, detto Rabbi Low (1520-1609) che è in assoluto la tomba più visitata, visto che secondo la leggenda lasciando biglietti o sassi sulla sua lapide si avverano i nostri più ardenti desideri. Prima di accedere al cimitero abbiamo visitato la Sinagoga PINKAS (Pinkasova synagòga), fondata nella seconda metà del XV secolo dal rabbino Pinkas e ampliata nel 1535 dal suo pronipote. A quest’epoca risale la volta a rete della sala in stile tardogotico. L’ala sud e il matroneo furono aggiunti all’inizio del XVII secolo. Durante i secoli l’edificio è stato più volte ricostruito e gli scavi hanno portato alla luce moltissime testimonianze della vita del ghetto durante il Medioevo, tra cui un bagno rituale. La sinagoga è oggi diventata un monumento agli Ebrei della Boemia e della Moravia uccisi dai nazisti, sui suoi muri all’interno sono scritti 77.297 nomi, sono le vittime praghesi dell’olocausto. Simbolo di questo quartiere è la Sinagoga vecchia-nuova (Staronová synagòga). La visita alla sinagoga è un viaggio nella memoria, nella ricchezza culturale che la minoranza ebraica di Praga ha portato alla città. La sinagoga non è solo un luogo d’arte che custodisce preziosi tesori, ma un luogo mistico ricco di leggende e meravigliose storie. Costruita nel 1270, è attualmente la più antica d’Europa e uno dei primi edifici gotici di Praga. E’ sopravvissuta agli incendi, al risanamento del quartiere, alle numerose persecuzioni e spesso gli abitanti del quartiere hanno trovato rifugio tra le sue mura. Ancora oggi la sinagoga rappresenta il centro religioso degli Ebrei di Praga. Nella breve via Cervená (Rossa) si trova anche la Sinagoga Alta (Vysoka synagòga) costruita nella seconda metà del XVI secolo e originariamente parte del Municipio ebraico. Alla fine del XVII è stata ampliata e la facciata attuale risale al XIX secolo. Oggi viene utilizzata come sala espositiva dei tessuti sacri del Museo ebraico e si possono ancora ammirare gli stucchi e le volte rinascimentali originali. Seguendo la via U starého hrbitova (All’antico Cimitero) si raggiunge la Sinagoga Klausen (Klausova synagòga), eretta in stile barocco alla fine del XVII secolo e rinnovata nel 1884. Il suo nome deriva dalla parola klause che indicava edifici minori, oratori e scuole del Talmud che un tempo sorgevano in questo stesso luogo. Oggi ospita un’esposizione di manoscritti ebraici e antiche stampe del Museo ebraico.

Dopo questo lungo giro, che non ci ha particolarmente entusiasmato, ad eccezione della sinagoga Pinkas con le sue migliaia di nomi scritti sulle pareti e con i disegni dei bambini deportati a Terezin ed il cimitero ebraico la cui atmosfera però è rovinata dai molti turisti che percorrono gli stretti vialetti scattando foto ovunque…. pranziamo nello stesso locale di Domenica (dove aggiungono il 10% di “IVA” a penna sullo scontrino!), giro di shopping, doccia e cena al nostro solito ristorante, TV e nanna!

Mercoledì

E’ l’ultimo giorno della nostra vacanza e decidiamo di tornare a fare un giro nel quartiere di Mala Strana. Iniziamo da Kampa, un’isola vicino il Ponte Carlo. Per arrivare a Kampa passiamo di fronte al muro di John Lennon, la cui immagine venne dipinta sul muro accanto ad alcuni graffiti a sfondo politico. La polizia segreta comunista non riuscì mai venire a capo di questa coraggiosa manifestazione di dissenso e i graffiti, più volte cancellati dai poliziotti, ricomparivano dopo pochi giorni. Camminiamo lungo strette e misteriose stradine fino ad arrivare su uno degli argini della Moldava denominato Certovka (flusso del diavolo) dove in passato c’erano molti mulini. Passeggiamo per il sonnolento parco dagli alberi spogli per ritornare a Mala Strana, visitiamo alcuni negozietti di artigianato e ci rechiamo a visitare la Chiesa di Nostra Signora Vittoriosa, all’interno della quale, sull’altare principale è visibile una statuetta in cera alta 47 cm e raffigurante Gesù Bambino. La statua fu portata in dono dalla Spagna dalla duchessa Polyxena di nel 1628. Alla statuetta sono attribuiti numerosi miracoli, tra i quali l’aver risparmiato la città dalla peste e dalla distruzione nel corso della guerra dei Trent’anni. Essa è una meta di un costante flusso di pellegrini provenienti da tutto il mondo. La statuetta viene vestita con splendidi abiti che, nel corso degli anni sono stati donati da persone più o meno famose di tutto il mondo. Non si conosce l’origine della statua ma una leggenda narra: “Fra i cristiani ed i mori, nell‘l’undicesimo e dodicesimo secolo, sulla penisola Iberica ci furono numerose lotte. Si dice che ivi al sud della Spagna, vicino al fiume di Guadalquivir, fra le città Siviglia e Cordoba, c’era una casetta, che fu distrutta dagli attacchi dei mori e soltanto quattro frati riuscirono a ritornare ai ruderi della casetta. Uno di loro si chamava Josef ed era un grande devoto del Bambin Gesu e della Sacra Famiglia. Un giorno, mentre stava lavorando in masseria e pregava, apparve davanti a lui un splendido bambino. Josef continuava a pregare e quando pronunciò le parole:“Jesus bambino benedetto“, il bambino disse: “Quello sono io!” E sparì. Josef non riusciva a dimenticarlo e desiderava di vederlo di nuovo. Questo però non successe, cosi decise di creare la statuetta del bambino. Continuò a provare a creare un viso di cera più simile possibile a quello che aveva visto, ma tuttavia cambiava sempre la faccia alla statuetta non riuscendo a farla simile a quella del bambino. Poi un giorno, quando era già veramente vecchio, il bambino si mostrò a lui dicendo queste parole: sono venuto per mostrarti come sono veramente per farti finire la statuetta. Josef iniziò  a lavorare subito. Non capiva come le sue mani potessero da sole modellare la cera molle riproducendo alla perfezione il volto del bambino. Josef era contentissimo. Cosi molto stanco, mise la testa tra le sue mani, addormentandosi per sempre.